
Il Comune di Catania ci ricasca. Dopo il dissesto finanziario del 2018, che aveva già certificato la cronica incapacità dell’amministrazione etnea di tenere i conti in ordine, arriva un’altra mazzata. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha infatti condannato lo Stato italiano a coprire un debito di oltre 100 milioni di euro accumulato dal Comune nei confronti di Banca Sistema. Una somma spropositata che, nel dettaglio, include 61 milioni di capitale e ben 43 milioni di interessi e spese legali. E mentre altrove si farebbero i conti con le conseguenze, a Catania si brinda alla “non responsabilità”
La storia del debito infinito
La vicenda parte da lontano. Negli anni, il Comune di Catania ha accumulato una montagna di debiti verso creditori privati, tanto che nel 2018 l’amministrazione ha dovuto dichiarare il dissesto finanziario. Il messaggio, in pratica, era chiaro: non abbiamo i soldi per pagare. Tra i tanti creditori lasciati a bocca asciutta c’era anche Banca Sistema, che aveva portato in giudizio il Comune ottenendo sentenze favorevoli. Ma ottenere una sentenza non significa vederla eseguita, soprattutto se il debitore è un ente locale sull’orlo del collasso economico.
Così, dopo anni di inutili tentativi, l’istituto bancario ha deciso di giocare la carta europea, portando il caso alla Corte di Strasburgo. La tesi era tanto semplice quanto drammatica: se una sentenza resta sulla carta, il diritto al giusto processo viene calpestato. E la Corte gli ha dato ragione, riconoscendo che lo Stato italiano deve intervenire per garantire il pagamento del debito.
Un debito senza colpevoli
Il dettaglio più sorprendente, però, è come questa storia venga raccontata dall’amministrazione catanese. Invece di ammettere responsabilità o anche solo preoccuparsi per l’entità del debito, le fonti comunali si sono affrettate a minimizzare. “Non c’è motivo di allarmarsi,” dichiarano dal Palazzo degli Elefanti, “perché il debito sarà coperto dallo Stato senza ripercussioni sulle casse comunali.” Tradotto: qualcuno pagherà, ma non saremo noi.
La spiegazione è che lo Stato, una volta saldato il debito, avrebbe teoricamente la possibilità di rivalersi sul Comune. Ma, secondo gli amministratori catanesi, questa ipotesi non si concretizzerà mai. Lo Stato, si dice, non avrà interesse a mettere in ginocchio un Comune già dissestato e cercherà una soluzione politica. Insomma, il messaggio sembra essere: i soldi non sono un problema, purché li tiri fuori qualcun altro.
Il precedente pericoloso
La sentenza della CEDU crea, però, un precedente che fa tremare i polsi. Se ogni Comune in dissesto potrà scaricare sui conti pubblici i propri debiti, le conseguenze per lo Stato saranno devastanti. Oggi è Catania, domani chissà.
Nel frattempo, però, nella città etnea si tira un sospiro di sollievo. Invece di affrontare la radice del problema – una gestione economica disastrosa e decenni di politiche insostenibili – si festeggia la soluzione più semplice: chiedere a papà Stato di firmare l’assegno. Ma a che prezzo?