La proposta avanzata dal Ministro Nello Musumeci di introdurre un obbligo per i cittadini italiani di sottoscrivere una polizza contro i rischi naturali per le abitazioni è profondamente problematica sotto vari punti di vista, sollevando questioni sia sul ruolo dello Stato che sulla giustificazione del pagamento delle tasse.
Innanzitutto, il compito principale di uno Stato è quello di proteggere i propri cittadini e garantire sicurezza e assistenza nei momenti di difficoltà. Le calamità naturali, come terremoti, alluvioni o frane, rientrano tra quei rischi collettivi che lo Stato ha storicamente affrontato tramite politiche di protezione civile, investimenti nella prevenzione e fondi per la ricostruzione. L’introduzione di un obbligo di polizza privato mina drasticamente questo principio, scaricando su singoli cittadini la responsabilità di proteggersi da eventi che dovrebbero rientrare nelle competenze pubbliche. È come se lo Stato stesse abdicando al suo dovere di tutelare i cittadini, trasformando una responsabilità collettiva in una questione individuale.
Inoltre, questa proposta crea un precedente pericoloso: se i cittadini sono costretti a sottoscrivere polizze private per coprirsi da eventi naturali, perché continuare a pagare le tasse? Le imposte sono tradizionalmente giustificate dalla necessità di finanziare i servizi pubblici, tra cui la gestione delle emergenze e la protezione contro i rischi. Se però lo Stato si ritira da queste responsabilità, demandandole al settore privato, la legittimità delle tasse viene messa seriamente in discussione. A questo punto, il cittadino potrebbe giustamente chiedersi quale sia il valore di continuare a contribuire a un sistema fiscale che non garantisce più una copertura adeguata in caso di disastri naturali.
Il problema non è solo teorico, ma ha ripercussioni pratiche tangibili. Le polizze assicurative, specialmente quelle contro rischi naturali, tendono a essere costose e spesso non accessibili a tutte le famiglie, in particolare quelle con redditi più bassi. Rendere obbligatorio un simile esborso aggiuntivo equivale a creare un ulteriore onere economico per i cittadini, già gravati da inflazione, aumento dei costi energetici e altre difficoltà economiche. Lo Stato dovrebbe, invece, concentrarsi su politiche che aumentino la resilienza delle comunità, come investimenti nella prevenzione dei rischi e la pianificazione urbana consapevole, piuttosto che spingere per soluzioni che lasciano i cittadini vulnerabili alla mercé del mercato assicurativo.
La proposta di Musumeci sembra riflettere una tendenza più ampia: lo smantellamento progressivo delle funzioni pubbliche in favore della privatizzazione e della logica di mercato. Tuttavia, i disastri naturali sono per definizione imprevedibili e colpiscono indiscriminatamente, rendendo necessaria una risposta collettiva coordinata dallo Stato, non un sistema basato su contratti assicurativi privati.
L’idea di imporre una polizza contro i rischi naturali non solo solleva gravi interrogativi sul ruolo dello Stato, ma mette in discussione l’intero contratto sociale tra cittadini e governo. Se i rischi collettivi diventano responsabilità individuali, lo Stato viene meno al suo dovere fondamentale. E se questo è il futuro, allora non ha più senso pagare le tasse per servizi che non vengono più forniti in modo equo ed efficiente.