È successo di nuovo. Alle 17:00 di oggi, un altro corpo giovane è stato sbalzato sulla Circonvallazione di Catania. Una ragazza irlandese di appena 22 anni, è stata investita e adesso lotta tra la vita e la morte mentre attraversava la strada. Una scena straziante, l’ennesima, che non si fa fatica a immaginare: il suono delle frenate tardive, lo schianto improvviso, l’immediato soccorso dell’investitore, il frastuono del traffico che in un attimo si trasforma in silenzio, rotto solo dalle sirene delle ambulanze. Ma, come troppo spesso accade in questo paese, quel silenzio non è mai il preludio di una vera riflessione.
La vicenda è tristemente sovrapponibile alla 18 enne universitaria uccisa un anno fa. Era novembre 2023 e allora, si disse, sarebbe stata l’ultima tragedia su quella maledetta strada. Parole vuote, promesse stantie che puzzano di opportunismo. Da allora, l’amministrazione comunale ha preferito rispondere a queste tragedie con il solito armamentario: autovelox e semafori intelligenti T-Red, dispositivi che, nelle promesse, avrebbero dovuto scoraggiare la guida spericolata e mettere fine alla scia di sangue.
Ma siamo ancora qui, a sperare per un’altra vittima. E no, non ci si venga a dire che la colpa è dei cittadini indisciplinati. Non questa volta.
Autovelox e T-Red: la solita scusa del Comune per fare cassa
L’amministrazione, per non cambiare, sventola gli autovelox come fossero la panacea per tutti i mali della sicurezza stradale. Le statistiche sono nelle loro mani, gonfiate a suon di multe: migliaia di sanzioni emesse nei mesi scorsi, che vanno a rimpinguare le casse comunali, ma quante di queste hanno davvero cambiato le abitudini dei conducenti? Quanti di quei soldi vengono reinvestiti in infrastrutture davvero utili? La risposta è tragicamente ovvia: poche, pochissime. Non serve un esperto di mobilità per capire che l’obiettivo principale di questi dispositivi non è la sicurezza stradale, bensì far cassa.
Sia chiaro: non si sta negando che l’eccesso di velocità sia un problema. Ma ridurre tutto a una questione di limiti e multe è semplicemente miope, o peggio, ipocrita. Perché i semafori T-Red e gli autovelox non impediscono a una macchina di falciare un pedone. Non impediscono a un guidatore distratto di non vedere una ragazza che attraversa sulle strisce pedonali. Non fermano il flusso caotico e incontrollato di mezzi che sfrecciano su una strada progettata male, dove auto e pedoni convivono forzatamente.
In altre parole, questi dispositivi sono una pezza malamente applicata su una ferita aperta e purulenta. Una ferita che continua a sanguinare vittime innocenti.
Sovrappassi pedonali: l’unica soluzione possibile
La verità, scomoda ma evidente, è che l’unico modo per salvare vite è separare fisicamente pedoni e veicoli. In una città moderna, con un’amministrazione degna di questo nome, si sarebbero già installati sovrappassi pedonali nei punti più critici della circonvallazione. Non c’è altro modo: se si vuole davvero evitare che i pedoni siano travolti, l’unica opzione è quella di tenerli lontani dalle auto.
Certo, costruire sovrappassi richiede investimenti veri. Richiede visione. Richiede la volontà di fare qualcosa di concreto per la sicurezza della cittadinanza, invece di limitarsi a multare chi corre troppo o passa col rosso. E forse è proprio qui che sta il problema: costruire sovrappassi non riempie le casse comunali con la stessa velocità con cui lo fanno le sanzioni.
In una città come Catania, con strade che assomigliano più a circuiti di Formula 1 che a vie urbane, i sovrappassi dovrebbero essere la regola, non l’eccezione. Ma evidentemente, si preferisce continuare a sventolare le statistiche di multe elevate e illudersi che basti un cartello con un limite di velocità per salvare vite. Una pia illusione, che però costa cara ai cittadini – non solo in termini economici, ma in vite umane.